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La Parola del Parroco

Tra le sorprese recenti dello stile di Papa Francesco, abbiamo avuto martedì 1° ottobre non solo una Veglia di Preghiera, ma una vera e propria Liturgia Penitenziale, come preparazione all’Assemblea del Sinodo dei Vescovi. Ancora una volta il Papa ha ribadito che la Chiesa è sempre Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca di perdono, e non solo la Chiesa dei giusti e dei santi… ho voluto scrivere le richieste di perdono perché era necessario chiamare per nome e cognome i nostri principali peccati.
Come esempio delle ‘parole’ usate durante questa Veglia; riporto interamente la prima delle sette invocazioni: “Chiedo perdono a Dio Padre, provando vergogna per il peccato di mancanza di coraggio, del coraggio necessario alla ricerca di pace tra i popoli e le nazioni, nel riconoscimento dell’infinita dignità di ogni vita umana in tutte le sue fasi, dallo stato nascente alla vecchiaia, soprattutto i bambini, gli ammalati, i poveri, del diritto di avere un lavoro, una terra, una casa, una famiglia, una comunità in cui vivere libero, del valore che è il paesaggio e la cultura di ogni zona del pianeta. Per fare la pace ci vuole coraggio: per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. A nome di noi tutti i fedeli chiedo perdono a chi sta nascendo oggi e nascerà dopo di noi, alle generazioni del futuro che ci danno in prestito questo mondo e che hanno il diritto di abitarlo, un giorno, nella concordia e nella pace. Ancora più grave è il nostro peccato, se, per giustificare la guerra e le discriminazioni, invochiamo il nome di Dio. Perdonaci Signore.”
Mi viene subito in mente quello che diciamo quando – durante la Messa – chiediamo perdono dei peccati. So che queste parole le sapete, ma vorrei ricordare che diciamo proprio così: “Confesso a Dio Onnipotente e a voi fratelli e sorelle che ho molto peccato”. Già confessare a Dio i peccati è difficile, figurarsi agli altri. Penso che sempre di più sia compito della Chiesa dare l’esempio, a partire dalla confessione delle proprie colpe, convinti che ci è chiesta la capacità di riconciliare con la Chiesa. Provare a vivere e raccontare un’immagine di Chiesa familiare e accogliente, discreta ma vicina. Perché il più delle volte non si tratta di cammini conflittuali con la fede cristiana; più che altro sembrano ininfluenti. Spesso il sacramento – soprattutto quello della riconciliazione e del perdono – offre un momento di ripensamento delle proprie scelte. È vero che molte volte l’inizio sembra spinto più da ragioni coreografiche che spirituali. Però non possiamo non cogliere l’occasione: molti sono sinceri quando dicono di volersi riavvicinare.
Occorre fidarsi, investire sulla loro libertà, far sperimentare loro che la Chiesa è uno spazio aperto dove l’anima può “tirare il fiato”. Certo poi non tutti assumeranno la vita cristiana come vocazione, servizio e responsabilità. Ma neppure il Signore lo ha chiesto a tutti. A lui bastava riconciliare con un’immagine vera di Dio. Poi ciascuno è rimandato alla vita quotidiana, a casa propria. Come tutti, perché è proprio a casa che viviamo le realtà fondamentali della vita.
Don Maurizio