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La Parola del Parroco

Riprendo una breve riflessione che, nell’ultimo numero di Comunità in Cammino, avevo appena abbozzato: la malattia e il ricovero in ospedale del Papa.
Negli ultimi giorni il suo stato di salute è notevolmente migliorato, e se all’inizio i bollettini medici continuavano a ripetere che le sue “condizioni erano critiche ma stazionarie” domenica 23 marzo, a mezzogiorno, lo abbiamo visto uscire in macchina dal Policlinico Gemelli per tornare a casa sua.
E come tutte le volte che Papa Francesco è stato ‘fuori casa’ per qualche giorno, non poteva mancare una sosta alla Basilica di Santa Maria Maggiore per una preghiera e per donare un bel mazzo di fiori a Colei che da sempre è chiamata “Salus Populi Romani”.
Di tutto questo noi – uomini e donne di questa terra e di questo tempo – siamo tutti felici e contenti. Per questo motivo vale la pena di riflettere su quanto abbiamo appena vissuto per quasi 40 giorni, come se fosse una quaresima diversa da quella che la Chiesa vive da 1700 anni.
Mi ha felicemente sorpreso un articolo di giornale di qualche giorno fa, dove a un medico immunologo veniva chiesta una opinione a proposito delle terapie predisposte dai suoi colleghi che avevano in cura il Papa. A una precisa domanda del giornalista il medico ha risposto così: “Lei parla di infermieri bravissimi. Per quale motivo? Questi malati guariscono perché hanno avuto dei bravi medici, ma soprattutto dei bravissimi infermieri. Sono le piccole cose che portano alla guarigione, o comunque all’evoluzione favorevole di un paziente così grave. Francesco ha avuto la migliore evoluzione che si potesse sperare e quando accade questo vuol dire che si sono avute tutte le attenzioni minime necessarie: l’attenzione alle vene, al decubito, alla posizione, a muovere il paziente, alla sua alimentazione, all’idratazione… Sono azioni cruciali e le fanno gli infermieri”.
Interessante tornare a considerare che sono le piccole cose che portano alla guarigione! Piccole cose, piccoli gesti, piccole attenzioni, fatte da uomini e donne. Il loro nome non si trova negli articoli di giornale; nessuna intervista verrà chiesta ad ognuno di loro. Sembra quasi la riedizione del noto detto del Vangelo: “la tua sinistra non sappia quello che fa la tua destra” (Mt 6,3). Nessuno saprà cosa hanno fatto. Certamente sulla cartella clinica del Papa sarà riportato l’orario delle terapie, della somministrazione dei farmaci, dei parametri vitali. Ma da nessuna parte verrà riportata l’amorevole e precisa attenzione nel fare quel gesto, nel farlo bene, nel farlo con quella esperienza che solo con gli anni si può maturare. Tutto questo al decimo piano del Gemelli, ma anche – ne sono certo – in tutti i luoghi del mondo, anche in quelli dove l’umanità sembra aver lasciato il posto alla barbarie. E noi cristiani lo sappiamo bene, perché anche sul Golgota – quella piccola collina dove hanno ucciso Gesù – abbiamo la dolce premura di uomini e donne raccontata, perché non se ne disperda la memoria, dalle pagine dei Vangeli.
Anche a Vimodrone abbiamo persone così. E noi vogliamo ricordarle, vogliamo lavare loro i piedi durante la Messa del Giovedì Santo. Non possiamo farlo a tutti: lo faremo a 12 di loro, piccolo segno del bene e della cura nascosta ma vera che si vive nella nostra città.
Don Maurizio