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La Parola del Parroco

Mercoledì 29 ottobre sono riuscito a ‘fare’ il Giubileo della Chiesa. E quindi sono andato a Roma – con un gruppo di 7 persone. E già questo numero mi ha fatto pensare non poco!
Abbiamo visitato la Chiesa di Santa Maria Maggiore: dopo una decina di minuti di coda o poco più abbiamo attraversato la Porta Santa, uno dei segni più importanti da fare in occasione del Giubileo. Poi una commossa e silenziosa preghiera alla tomba di Papa Francesco e una all’icona bizantina di Maria Salus Populi Romani. Al termine abbiamo recitato il Credo vicino al grande battistero della Chiesa. Volevamo fare gli stessi gesti anche nella Basilica di San Pietro, ma la coda che si estendeva ben oltre il Colonnato del Bernini ci ha fatto fare altre scelte. Il tutto in giornata, dalle 7 del mattino – che poi sono diventate le 8 a causa di un’ora di ritardo del treno proveniente da Torino – fino alle 22.10 quando abbiamo messo i piedi a terra alla stazione Centrale di Milano. Devo dire che non è mancato il tempo per ‘pensare’ a questo Giubileo. Più di una volta mi sono espresso dicendo che l’anno giubilare si era ‘fermato’ molto prima. Nel senso che se ne è parlato molto prima del suo inizio, soprattutto per i gesti voluti dal Papa (mi riferisco in particolare alla decisione di avere una Porta Santa nel carcere romano di Rebibbia piuttosto che nelle singole diocesi). Poi la sua malattia, la sua morte, il nuovo Conclave e l’elezione del nuovo Pontefice hanno orientato l’attenzione del mondo verso altre domande e altre attese.
Probabilmente lo ricorderò come il Giubileo ‘corto’, anche se il motto PELLEGRINI di SPERANZA dice qualcosa che va ben oltre il tempo di un anno stabilito dalla prassi giubilare. La speranza cristiana non solamente non delude ma ti prende per mano e ti accompagna alle soglie dell’eternità.
Detto questo vorrei aggiungere altre due considerazioni.
La prima velocissima: quanta gente mercoledì a Roma per il Giubileo! Quanti gruppi di pellegrini organizzati ho visto in San Pietro, soprattutto stranieri e per la maggior parte provenienti non dagli angoli più ricchi del pianeta! Ho visto gente umile, ho visto gente fare gesti di fede che non mi appartengono: ma erano lì, a Roma, venuti da un posto più lontano del mio per ‘fare’ anche loro il Giubileo.
La seconda riguarda il tema del ‘tempo’, perché il Giubileo ci chiede di ‘staccare’ dal solito ritmo della nostra vita. L’unico testo della Scrittura che parla di questo tempo particolare chiede di ‘contare sette settimane di anni’, quindi ben 49 anni: il 50° anno sarà un anno diverso, un anno che ha tutte le caratteristiche della festa. Certo che il tema della festa in questi ultimi anni sembra proprio fuori luogo: più che di feste sembra che viviamo di paura, di guerre, di armamenti, di dolore e di morte. In realtà le feste sono nate per aiutarci a intravedere un senso in tutto quello che facciamo; purtroppo ormai da decenni sono diventate soltanto una parentesi della vita lavorativa.
In origine la Festa, la Domenica, il Natale, la Pasqua e soprattutto il Giubileo – un tempo che dura un anno – diventava l’occasione opportuna per curare la propria interiorità, i propri desideri, la propria fede, i rapporti personali. La festa non è un ‘tempo libero’: è il tempo di Dio, è il tempo in cui ognuno di noi riscopre la bellezza e la grazia di essere stato creato a immagine e somiglianza di Lui.
Don Maurizio